Iran. Eletto presidente per la seconda volta il moderato Rohani. Netta vittoria sul conservatore Raisi

di redazione 20/05/2017 NON SOLO OCCIDENTE
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Hassan Rohani, leader moderato e riformista, è stato eletto per la seconda volta, al primo turno, presidente dell'Iran. Il ministero dell'Interno di Teheran ha fornito i risultati definitivi, precisando che l'annuncio ufficiale avverrà alle 14 ora locale (le 11 in Italia). Rohani ha ottenuto il 56,3% dei consensi.

Il suo avversario, il conservatore Ebrahim Raisi, ne ha invece raccolto il 38,99%. La vittoria del leader moderato giunge al termine di una tornata elettorale che ha registrato oltre il 70% di affluenza alle urne, facendo rinviare per due volte la chiusura dei seggi. Il risultato conferma, fra l'altro, il consenso popolare all'accordo sul nucleare firmato da Rohani, che ha portato alla fine delle sanzioni.

Sull'account di Rouhani su Instagran il primo ad esultare è stato l'ex presidente Mohammad Khatami. Si è fatto fotografare mentre fa il segno della "V", della vittoria dicendo "la speranza ha prevalso sull'isolamento". Il capo dello staff di Rouhani, Hamid Aboutalebi, ha twittato già nella notte che il suo presidente ha vinto con il 60 per cento dei voti, una percentuale che tra l'altro lo mette in una condizione di notevole forza rispetto ai conservatori guidati da Alì Khamenei, un blocco che sarà ancora in grado di frapporre ancora mille ostacoli all'azione del presidente riformatore.

Raisi è stato la vera sorpresa di questa campagna elettorale: uomo discreto e poco comunicativo, da mesi era stato prescelto dalla guida suprema Khamenei come il rappresentante che avrebbe dovuto ridare forza ai conservatori che ancora mantengono il controllo degli apparati della forza (la polizia, l'intelligence, i pasdaran e i basiji). Khamenei più di un anno fa aveva nominato Raisi alla guida della "Astan Quds Razavi", la ricca fondazione che amministra il santuario sciita dell'Imam Reza a Mashaad, con un impero economico da 13 miliardi di dollari che dà lavoro a 19 mila persone.

A questo punto però molti soprattutto fra i riformisti più accorti non si fanno illusioni, il percorso di Rouhani sarà ancora molto difficile. Continuare sulla via delle riforme, sulla strada dell'apertura all'Europa invece che a Cina e Russia sarà difficile: Rouhani si troverà di fronte non solo Khamenei, ma soprattutto tutto l'apparato dello "Stato profondo" che in 40 anni di rivoluzione islamica e di mobilitazione permanente è riuscito a fare grandi affari. Il sistema ibrido iraniano, la commistione fra elementi di democrazia e di puro autoritarismo potrebbe creerà di sicuro moltissime difficoltà ai riformatori. In Iran ogni 4 anni sono permesse alcune settimane di democrazia, di campagna elettorale; ma immediatamente, dopo ogni passo falso, lo "stato profondo" nato dalla spinta dell'ayatollah Khomeini si riorganizza. E riprende a combattere per mantenere il controllo sulla Repubblica islamica. Sarà una lunga battaglia.
 
Da una parte con il presidente uscente si erano schierati i riformisti, i moderati, i liberali, i giovani e le donne delle città, i ricchi di Teheran Nord e i professionisti che vogliono che il paese continui ad aprirsi all'Europa e al mondo. Dall'altra c'era Raisi, un religioso come Rouhani, ma espressione della parte più conservatrice del paese e del clero. L'uomo era sostenuto dalla guida suprema ayatollah Alì Khamenei, dal clero conservatore, dagli apparati dello "Stato profondo" iraniano, le Guardie della rivoluzione, la milizia dei Basiji. Ma anche da milioni di cittadini, soprattutto poveri e diseredati che si sono lasciati convincere dai messaggi populisti, dalla campagna martellante sui temi dell'economia dell'ex vice-procuratore generale Raisi.


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